lunedì, gennaio 28, 2008

Il Conte Diavolo

Il nome del Conte Diavolo, al secolo Galeano Lechi, è legato a leggende e paure. Quando da bambina salivamo, stipati sulla giardinetta, verso l'Alta valle e superavamo il ponte del Diavolo, distrutto dall'immane frana della val Pola, mia madre ci teneva buoni raccontandoci le vicende romanzate di questo terrificante personaggio.

Ma chi era Galeano Lechi? Questo personaggio, di nobile famiglia bresciana, era approdato a Bormio nel 1785, dopo essere evaso dai Piombi di Venezia dove era stato recluso per un omicidio. L'appartenenza di Bormio allo stato delle Tre Leghe, che negli ultimi decenni aveva pessimi rapporti con la Serenissima, garantendolo contro un'eventuale estradizione, e la vicinanza alla famiglia, che non mancava di mantenerlo dalla vicina Brescia, gli avevano fatto scegliere il borgo valtellinese come residenza.

Qui lo venivano a trovare i nipoti da Brescia che lo tenevano aggiornato sui nuovi fermenti giacobini e sui preparativi di Napoleone, che mirava ad abbattere l'ormai esausto dominio di Venezia, quello che alcuni storici hanno definito uno splendido cadavere. Nella sua casa di Bormio si raccolse ben presto un gruppo di giovani scontenti dell'immobilismo del dominio grigione e desiderosi di una svolta: per loro il conte rappresentava il contatto con la novità.

All'inizio del 1797 i francesi si affacciarono alle porte della Valtellina e i suoi abitanti risposero entusiasticamente. Il 19 giugno i comuni valtellinesi proclamarono la propria libertà dal giogo grigione, seguiti poco dopo dal contado di Chiavenna. Mancava solo il contado di Bormio che però non sentiva alcuna necessità di proclamare una libertà di cui già di fatto godeva, in quanto il dominio grigione nella Magnifica Terra era più blando che altrove. I Bormini cercarono di prendere tempo, pressati da un lato dalla presenza delle truppe napoleoniche nel Ducato di Milano, dall'altro dalle lusinghe di Coira. Il 9 luglio "con dispiacer di popolo", come raccontano alcuni documenti privati, i membri del consiglio del contado proclamarono "all'unanimità", come raccontano invece i documenti ufficiali, il distacco dai Grigioni.

Galeano Lechi che nel frattempo si era recato a Milano e a Brescia, liberata dalle truppe francesi, fece ritorno in valle passando però prima per Sondrio, Ponte e Tirano dove incontrò i giacobini locali. Il 12 luglio si incrociò all'osteria di Bolladore con i rappresetanti dei contado di Bormio che stavano scendendo a Milano per reclamare le proprie autonomie locali (evidentemente non avevano capito bene in che cosa consistesse l'égalité rivoluzionaria, o forse ci provavano), ma il conte li fece arrestare poco dopo: era lo scontro tra due diversi modi di intendere la libertà, uno ancorato ad un'antica forma di democrazia patriarcale, il secondo nuovo e rivoluzionario.

Il Conte Diavolo giunse quindi a Bormio e nel giro di una settimana, dal 15 al 23 luglio cercò di portare avanti il suo programma rivoluzionario e spregiudicato che sovvertiva dalle fondamenta le antiche costumanze. Scrisse sulla porta del Palazzo Pretorio "o libertà o morte", bruciò in piazza gli strumenti penali e la colonna della berlina, distrusse la forca. Ciononostrante i Bormini cercarono di far partire nuovamente i loro rappresentanti per Milano. Il Conte lo seppe e cercò di seguirli con altri tre compagni, ma giunto nei pressi di Cepina venne bloccato da una quarantina di uomini armati della Valle di Sotto e fucilato assieme a due dei suoi compagni presso la baita di un tale Giuseppe Walser. Il corpo, indegno di sepoltura, venne buttato nell'Adda, dove riaffiorò poco sopra Le Prese, vicino ad un ponte che da allora si chiamò Ponte del Diavolo. Era il 23 luglio 1797.

Centonovanta anni più tardi, proprio negli stessi giorni di luglio, dal 19 al 28, ci sarebbe stata un'altra settimana infernale e quello stesso Ponte del Diavolo sarebbe stato distrutto dall'immensa frana della val Pola.

Nessun commento: